giovedì 19 settembre 2013

Carissimo Pinocchio

Buon Settembre, il mese degli inizi - come diceva la mia maestra di yoga.
Sono stato latitante, anche se più volte avrei voluto buttar giù qualcosa sul blog, anche solo per tenerlo un po' vivo.
Di argomenti, in effetti, ce ne sarebbero molti. Difficile scegliere.
Ma oggi pomeriggio, vorrei andare incontro al mio lato più intimistico e scrivere di alcuni pensieri ricorrenti in queste settimane. Dovuti ad eventi autobiografici che qui non è il caso di riportare.


Ci avviciniamo alla vecchiaia, alla decadenza ed alla morte, tramite i nostri familiari. I nonni, solitamente, sono i primi a lasciarci. Quindi, seguono i genitori. Ma i nonni sono sempre stati "anziani" ai nostri occhi.
Per fortuna, invece, i genitori li conosciamo e li incontriamo quando si trovano ancora nella pienezza della vita. Ed è così possibile per noi, passo dopo passo, accompagnare il loro invecchiamento.

O, almeno, questa sarebbe la teoria.
In pratica, i nostri genitori vivono nelle nostre menti avvolti in una sorta di aura di immortalità, di eternità, di intangibilità.
Finché non accade qualcosa che cala giù la maschera. Può essere una malattia, l'arrivo della pensione, l'incapacità di eseguire un'azione prima svolta sempre con tranquillità.
A questo punto, diventa difficile lasciare in vita quell'illusione di "immutabilità" dei nostri genitori. 

E arrivi a comprendere che non potranno attenderti ancora a lungo. Questo è un pensiero triste per due motivi: il primo che riguarda i genitori, il secondo che riguarda noi. Il confine della nostra mortalità lambisce il padre e la madre, ma come per la Silvia leopardiana, inizia a mostrare la mano anche a noi. Di lontano, certo, ma quella mano fa capolino per non sparire mai più.

Sono stato fortunato nella vita ad avere una buona famiglia: so che non è un evento tanto comune. Non posso dire sia stata unica ed infallibile. Ma ci siamo voluti bene con sincerità, di un affetto vero.
E adesso guardare i miei vecchi ormai indirizzati nell'ultimo tratto delle loro esistenze mi fa un certo effetto. 
Certo la speranza e l'ottimismo umani, assieme alla nostra incredibile capacità di adattamento alla disperazione, mitigano e mitigheranno questo dolore - più fastidioso che lancinante. In fondo è il ciclo della vita. 
Epperò immaginarmi ora un domani, o un dopodomani, da "orfano" non è per niente semplice. 

Nanni Moretti l'ha detto molto meglio di me, in una bellissima scena tratta da "Palombella Rossa".
Le merendine di quand'ero bambino 
Ecco, quel desiderio di gridare, l'ho sentito anche io, forte. 


p.s. Non c'entra nulla, ma ho realizzato solo adesso che quando Moretti fece "Bianca" aveva la mia età. 

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