sabato 21 settembre 2013

Il cielo stellato sopra di me

Una delle più significative fotografie scattate nel secolo scorso si intitola "Pale blue dot".
Eccola qui, presa da Wikipedia.




L'ha scattata la sonda Voyager I nel 1990, a circa 6 miliardi di kilometri dal nostro pianeta. E quello che vedete è proprio la Terra, the Third from the sun. Fu pubblicata da uno dei miei divulgatori nonché pensatori più apprezzati: Carl Sagan (autore, tra le altre cose, di "Contact", un notevole romanzo di fantascienza).
Amare la fantascienza, amarla follemente, produce certi effetti collaterali.

Guardate questa foto con attenzione. E' la nostra madre Terra. Il luogo che il Dio di molti credenti avrebbe scelto per inviare suo figlio. Vista da così lontano assume tutta la sua pregnanza: è un misero punticino nell'Universo.
Da questa prospettiva non si vedono i continenti, non si vedono frontiere.
Da questa prospettiva sembrerebbe alquanto stupido credere che su quel misero punticino ci si stia scannando per dei pozzi petroliferi. 
Sembrerebbe alquanto stupido immaginare un qualunque omicidio, una qualunque scaramuccia, figuriamoci una guerra. Perché il nostro viaggiatore ipotetico saprebbe che la vita, nell'Universo, è un fenomeno estremamente raro e prezioso.
Figuriamoci un esempio di vita "intelligente".

Diventa difficile anche dissertare su questioni fondamentali per noi: ovvero la scelta del sistema politico-economico, la lotta di classe, la società basata su un sistema di poteri.
Diventa difficile comprendere il bisogno di una delle specie che abitano questo pianeta, un bisogno ossessivo, di arricchirsi.

Certo, non possiamo guardare la Terra solo da questa distanza siderale.
Ci vuole anche un teleobbiettivo. Puntato dentro di noi. Altrimenti corriamo il rischio di fantasticare, di credere alla favola della società "ideale", senza guerre e senza denaro. Perché questa foto ci rimanda anche un'amarissima verità.
Siamo soli e nessuno ascolterà mai il nostro grido di dolore. Quando ci estingueremo, sarà nell'assoluto silenzio. 

Ed ecco che la questione Terra si fa di fondamentale importanza. Sappiamo che la nostra vita si gioca qui e ora. In una crisi economica, nel problema di pagare le tasse, di curare i propri affetti, di tentare di realizzare i propri sogni.

Però forse questa foto, invece che deprimerci sulla solitudine maestosa che ci circonda e ci attende, dovrebbe spingerci a puntare oltre con una marcia in più. Qualcuno disse che degli ideali della Rivoluzione Francese, l'unico ancora completamente ignorato è quello della fratellanza. Ecco, facciamo qualcosa in nome della fratellanza tra gli uomini.
Cerchiamo di abbattere le barriere ideologiche. Invece di attaccarci con una tenacia impressionante agli ideali di qualcun altro. Questa necessità totale di palleggiare con il conflitto.

Siamo circondati dal conflitto, e so che è giusto anzi necessario reagire di fronte alle ingiustizie ed ai soprusi. Perché, purtroppo, quella società ideale è ben lungi dall'essere anche solo stata ipotizzata.
Ma cazzo c'è una sola esistenza davanti a noi, perché non possiamo godercela cercando unicamente di migliorare noi stessi? Di leggere, di ascoltare buona musica, di vedere film, di farsi due sane chiacchiere con un amico?
Cos'altro ci serve?

Io finirò nel pozzo come Talete. Ma evitiamo di cadere nel baratro a tutta birra.

giovedì 19 settembre 2013

Carissimo Pinocchio

Buon Settembre, il mese degli inizi - come diceva la mia maestra di yoga.
Sono stato latitante, anche se più volte avrei voluto buttar giù qualcosa sul blog, anche solo per tenerlo un po' vivo.
Di argomenti, in effetti, ce ne sarebbero molti. Difficile scegliere.
Ma oggi pomeriggio, vorrei andare incontro al mio lato più intimistico e scrivere di alcuni pensieri ricorrenti in queste settimane. Dovuti ad eventi autobiografici che qui non è il caso di riportare.


Ci avviciniamo alla vecchiaia, alla decadenza ed alla morte, tramite i nostri familiari. I nonni, solitamente, sono i primi a lasciarci. Quindi, seguono i genitori. Ma i nonni sono sempre stati "anziani" ai nostri occhi.
Per fortuna, invece, i genitori li conosciamo e li incontriamo quando si trovano ancora nella pienezza della vita. Ed è così possibile per noi, passo dopo passo, accompagnare il loro invecchiamento.

O, almeno, questa sarebbe la teoria.
In pratica, i nostri genitori vivono nelle nostre menti avvolti in una sorta di aura di immortalità, di eternità, di intangibilità.
Finché non accade qualcosa che cala giù la maschera. Può essere una malattia, l'arrivo della pensione, l'incapacità di eseguire un'azione prima svolta sempre con tranquillità.
A questo punto, diventa difficile lasciare in vita quell'illusione di "immutabilità" dei nostri genitori. 

E arrivi a comprendere che non potranno attenderti ancora a lungo. Questo è un pensiero triste per due motivi: il primo che riguarda i genitori, il secondo che riguarda noi. Il confine della nostra mortalità lambisce il padre e la madre, ma come per la Silvia leopardiana, inizia a mostrare la mano anche a noi. Di lontano, certo, ma quella mano fa capolino per non sparire mai più.

Sono stato fortunato nella vita ad avere una buona famiglia: so che non è un evento tanto comune. Non posso dire sia stata unica ed infallibile. Ma ci siamo voluti bene con sincerità, di un affetto vero.
E adesso guardare i miei vecchi ormai indirizzati nell'ultimo tratto delle loro esistenze mi fa un certo effetto. 
Certo la speranza e l'ottimismo umani, assieme alla nostra incredibile capacità di adattamento alla disperazione, mitigano e mitigheranno questo dolore - più fastidioso che lancinante. In fondo è il ciclo della vita. 
Epperò immaginarmi ora un domani, o un dopodomani, da "orfano" non è per niente semplice. 

Nanni Moretti l'ha detto molto meglio di me, in una bellissima scena tratta da "Palombella Rossa".
Le merendine di quand'ero bambino 
Ecco, quel desiderio di gridare, l'ho sentito anche io, forte. 


p.s. Non c'entra nulla, ma ho realizzato solo adesso che quando Moretti fece "Bianca" aveva la mia età.