sabato 23 novembre 2013

Giubbotto pieno di metallo

Se la vita si riduce, per molti di noi, a questo (non necessariamente a fare il soldato in Vietnam):



Io dico, signore e signori, che questa vita va cambiata.
Perché non vogliamo capirlo? Cosa ci blocca? La pigrizia? L'ignoranza? L'indifferenza?
Tutte e tre?

Guarderanno indietro a noi, e diranno: "L'era preistorica".

mercoledì 13 novembre 2013

Beauty is in the eye of the beholder

Oggi sono andato a fare un esame all'Università. Avevo fatto lo scritto la scorsa settimana, ed ero convinto di essermela cavata alla grande. Tipico del mio stile, invece di raccontare gli esempi didattici descritti sul manuale ero andato a pescare in giro nella mia memoria esperimenti a mio modo di vedere più interessanti.
Seguendo il principio: scarta sempre le prime due idee che le avranno avute tutti.

Invece la valutazione dello scritto era piuttosto bassa e la professoressa altrettanto diffidente. Non è la prima volta che mi capita. Come mai sto studente ha messo esempi simili? Sarà che non ha studiato?
Infatti nella correzione del compito, mi ha chiesto le domande cui avevo già risposto giustamente. Come volesse accertarsi che non avessi sparato a caso e/o copiato.

Come sempre di fronte alla delusione e all'errata autovalutazione, è seguita la mia solita serie di improperi nei confronti del docente. Non mi ha capito. Ma sto pensiero divergente quando lo vogliamo valorizzare. Sì ho fatto degli errori ma non così penalizzanti come crede lei.

Ora, non ho 18 anni. So cosa significa "pensiero divergente". Credo di aver anche un po' di esperienza in materia di valutazione. Ma finisco sempre per cadere nello stesso errore che ha commesso la docente: pensare che se qualcuno non giudica come me allora necessariamente sbaglia.
La citazione dell'esperimento di Eratostene che io avrei premiato con una lode, evidentemente alla professoressa non significava nulla. O magari non le è piaciuta. O l'ha trovata fuori posto.

Ciò che ai miei occhi pareva eccezionale, ai suoi si svelava ordinario, o non interessante.
Non è facile quindi trovare tale equilibrio. Spero di diventare un docente meno arrogante e presuntuoso di quanto non sia adesso. Ed accogliente verso le posizioni diverse dalle mie.

Ovviamente continuerò a sentirmi defraudato di almeno 3 punti, nonostante mi stia voltairizzando. E smadonnerò con la prof perché non ha compreso la mia grandezza.
La razionalità va bene, ma i mostri interiori non si possono mica trasformare a piacere.

lunedì 11 novembre 2013

A cosa servono i nemici

Non ricordo chi disse: "I nemici servono per conoscere la verità".
In effetti è vero. Gli amici, i cari affetti la verità tendono quasi sempre a velarla, a modificarla, ad adattarla ad usum Delphini. In fondo ci danno sempre ragione. La partner ci ha lasciati? E' stata senz'altro una stronza. Abbiamo lasciato la macchina in seconda fila e ci hanno fatto la multa?
Beh caspita, era un'emergenza: che disumanità.

Uno dei momenti più tremendi dove tale atteggiamento si incarnava era la consegna dei Diplomi alla scuola di Cinema. Venivano proiettati i saggi finali, ossia dei cortometraggi.
E lì la mistificazione era d'obbligo non perché ci fossero degli amici, ma per cortesia sociale. E per evitare che un trattamento differente ci fosse posto a noi.
Il 90% di quei corti faceva obbiettivamente schifo. Che se lo mettevi nello showreel ti avrebbero inviato a pulire i bagni in una sala cinematografica.
Ma a sentire i nostri commenti, pareva la notte degli Oscar.
Complimenti, bravi davvero!
Mi è piaciuto molto!

Quando proprio t'aveva riaperto l'ulcera potevi uscirtene con: Congratulazioni per il corto.

Questo fatto dell'incapacità di fare critiche, e oserei dire anche dell'impossibilità dovuta alle convenzioni sociali, è una iattura.
Perché chiaramente non si riesce mai a progredire. Ad avere reale soddisfazione. Se una volta filmi un capolavoro, si perde in tutti i soliti ossequi di sempre.
Sappiamo tutti, per esperienza, che la verità e l'uomo sono due esseri asintotici. Ma dovremmo trovare dei compromessi migliori.
Anche perché, chi si trovi per sbaglio a rompere lo schema, passa per quello che se la tira. L'arrogante. Il presuntuoso.

Coltiviamo, dunque, almeno un paio di nemici intelligenti. Sono un tesoro inestimabile.

giovedì 17 ottobre 2013

Nuove semantiche

Mitocondriaco: persona affeta da megalomania, o - in alternativa - che vede Ercoli e Pegasi ovunque.

sabato 21 settembre 2013

Il cielo stellato sopra di me

Una delle più significative fotografie scattate nel secolo scorso si intitola "Pale blue dot".
Eccola qui, presa da Wikipedia.




L'ha scattata la sonda Voyager I nel 1990, a circa 6 miliardi di kilometri dal nostro pianeta. E quello che vedete è proprio la Terra, the Third from the sun. Fu pubblicata da uno dei miei divulgatori nonché pensatori più apprezzati: Carl Sagan (autore, tra le altre cose, di "Contact", un notevole romanzo di fantascienza).
Amare la fantascienza, amarla follemente, produce certi effetti collaterali.

Guardate questa foto con attenzione. E' la nostra madre Terra. Il luogo che il Dio di molti credenti avrebbe scelto per inviare suo figlio. Vista da così lontano assume tutta la sua pregnanza: è un misero punticino nell'Universo.
Da questa prospettiva non si vedono i continenti, non si vedono frontiere.
Da questa prospettiva sembrerebbe alquanto stupido credere che su quel misero punticino ci si stia scannando per dei pozzi petroliferi. 
Sembrerebbe alquanto stupido immaginare un qualunque omicidio, una qualunque scaramuccia, figuriamoci una guerra. Perché il nostro viaggiatore ipotetico saprebbe che la vita, nell'Universo, è un fenomeno estremamente raro e prezioso.
Figuriamoci un esempio di vita "intelligente".

Diventa difficile anche dissertare su questioni fondamentali per noi: ovvero la scelta del sistema politico-economico, la lotta di classe, la società basata su un sistema di poteri.
Diventa difficile comprendere il bisogno di una delle specie che abitano questo pianeta, un bisogno ossessivo, di arricchirsi.

Certo, non possiamo guardare la Terra solo da questa distanza siderale.
Ci vuole anche un teleobbiettivo. Puntato dentro di noi. Altrimenti corriamo il rischio di fantasticare, di credere alla favola della società "ideale", senza guerre e senza denaro. Perché questa foto ci rimanda anche un'amarissima verità.
Siamo soli e nessuno ascolterà mai il nostro grido di dolore. Quando ci estingueremo, sarà nell'assoluto silenzio. 

Ed ecco che la questione Terra si fa di fondamentale importanza. Sappiamo che la nostra vita si gioca qui e ora. In una crisi economica, nel problema di pagare le tasse, di curare i propri affetti, di tentare di realizzare i propri sogni.

Però forse questa foto, invece che deprimerci sulla solitudine maestosa che ci circonda e ci attende, dovrebbe spingerci a puntare oltre con una marcia in più. Qualcuno disse che degli ideali della Rivoluzione Francese, l'unico ancora completamente ignorato è quello della fratellanza. Ecco, facciamo qualcosa in nome della fratellanza tra gli uomini.
Cerchiamo di abbattere le barriere ideologiche. Invece di attaccarci con una tenacia impressionante agli ideali di qualcun altro. Questa necessità totale di palleggiare con il conflitto.

Siamo circondati dal conflitto, e so che è giusto anzi necessario reagire di fronte alle ingiustizie ed ai soprusi. Perché, purtroppo, quella società ideale è ben lungi dall'essere anche solo stata ipotizzata.
Ma cazzo c'è una sola esistenza davanti a noi, perché non possiamo godercela cercando unicamente di migliorare noi stessi? Di leggere, di ascoltare buona musica, di vedere film, di farsi due sane chiacchiere con un amico?
Cos'altro ci serve?

Io finirò nel pozzo come Talete. Ma evitiamo di cadere nel baratro a tutta birra.

giovedì 19 settembre 2013

Carissimo Pinocchio

Buon Settembre, il mese degli inizi - come diceva la mia maestra di yoga.
Sono stato latitante, anche se più volte avrei voluto buttar giù qualcosa sul blog, anche solo per tenerlo un po' vivo.
Di argomenti, in effetti, ce ne sarebbero molti. Difficile scegliere.
Ma oggi pomeriggio, vorrei andare incontro al mio lato più intimistico e scrivere di alcuni pensieri ricorrenti in queste settimane. Dovuti ad eventi autobiografici che qui non è il caso di riportare.


Ci avviciniamo alla vecchiaia, alla decadenza ed alla morte, tramite i nostri familiari. I nonni, solitamente, sono i primi a lasciarci. Quindi, seguono i genitori. Ma i nonni sono sempre stati "anziani" ai nostri occhi.
Per fortuna, invece, i genitori li conosciamo e li incontriamo quando si trovano ancora nella pienezza della vita. Ed è così possibile per noi, passo dopo passo, accompagnare il loro invecchiamento.

O, almeno, questa sarebbe la teoria.
In pratica, i nostri genitori vivono nelle nostre menti avvolti in una sorta di aura di immortalità, di eternità, di intangibilità.
Finché non accade qualcosa che cala giù la maschera. Può essere una malattia, l'arrivo della pensione, l'incapacità di eseguire un'azione prima svolta sempre con tranquillità.
A questo punto, diventa difficile lasciare in vita quell'illusione di "immutabilità" dei nostri genitori. 

E arrivi a comprendere che non potranno attenderti ancora a lungo. Questo è un pensiero triste per due motivi: il primo che riguarda i genitori, il secondo che riguarda noi. Il confine della nostra mortalità lambisce il padre e la madre, ma come per la Silvia leopardiana, inizia a mostrare la mano anche a noi. Di lontano, certo, ma quella mano fa capolino per non sparire mai più.

Sono stato fortunato nella vita ad avere una buona famiglia: so che non è un evento tanto comune. Non posso dire sia stata unica ed infallibile. Ma ci siamo voluti bene con sincerità, di un affetto vero.
E adesso guardare i miei vecchi ormai indirizzati nell'ultimo tratto delle loro esistenze mi fa un certo effetto. 
Certo la speranza e l'ottimismo umani, assieme alla nostra incredibile capacità di adattamento alla disperazione, mitigano e mitigheranno questo dolore - più fastidioso che lancinante. In fondo è il ciclo della vita. 
Epperò immaginarmi ora un domani, o un dopodomani, da "orfano" non è per niente semplice. 

Nanni Moretti l'ha detto molto meglio di me, in una bellissima scena tratta da "Palombella Rossa".
Le merendine di quand'ero bambino 
Ecco, quel desiderio di gridare, l'ho sentito anche io, forte. 


p.s. Non c'entra nulla, ma ho realizzato solo adesso che quando Moretti fece "Bianca" aveva la mia età. 

martedì 13 agosto 2013

Dio è contro di noi

Oggi ho letto in giro che un criminale nazista è morto ultranovantenne prima che il processo intentato contro di lui potesse neanche iniziare. Ha passato tutta la vita indisturbato, in Canada prima in Ungheria poi. Appoggi politici di estrema destra gli hanno permesso di scansare tutte le accuse della magistratura magiara.

E' sorprendente notare come i gerarchi nazisti, e molte SS, siano riuscite a vivere a lungo in totale pace e tranquillità, raggiungendo e sorpassando i 90 anni. Non tanto per la loro mancata incarcerazione. Quanto per l'assenza assoluta di sensi di colpa, crisi depressive, di disperazione.
Come se mandare a morte 15mila ebrei, nel caso del nostro, fosse assolutamente un fatto normale. Ci chiediamo in quale modo sia possibile convivere con tutto questo. Evidentemente consideriamo costoro al pari di noi, ma il potere di persuasione del Reich, l'educazione giovanile instillò nelle truppe tedesche, soprattutto quelle scelte, una gabbia di protezione, una forza di volontà superiore a qualsiasi olocausto.

Ci viene in mente Primo Levi, lanciatosi dalle scale, e poi Mengele, stroncato da un infarto mentre nuotava sereno e beato in mare.
Qualcuno disse che dopo Auschwitz era impossibile concepire l'esistenza di un Dio.


A guardare questi fatti sembrerebbe invece che a Dio i nazisti stessero particolarmente simpatici. Questo pomeriggio, guardando le fotografie di tutti i nazisti ricercati ancora dal centro Wiesenthal, ho pensato: ma perché noi crediamo che - qualora esistesse - la Divinità dovrebbe avere la nostra etica, la nostra morale, i nostri valori?
Perché mai Dio dovrebbe essere buono? Buono, poi, rispetto a cosa?
Soltanto perché telefonò a Mosè dettandogli i comandamenti?

Se devo guardare alla storia umana, con gli occhi di un credente, ipotizzando un destino già scritto, vedo un Dio sadico e malvagio (come dice "L'avvocato del Diavolo"), sempre dalla parte dei caporali, dei potenti, dei bastardi. Uno che amava soffocare la preda dallo spavento mentre era all'angolo, spesso privandola della dignità di una difesa.
Forse il Figlio è stato con gli ultimi, ma non il Padre. Fisso sul carro dei vincitori, pronto a guidare il successivo, appena vedeva un po' di maretta.

Allora mi vien da pensare che sono diventato ateo proprio per non soccombere all'idea di un Creatore così stronzo. Per non pregarlo diventandone complice.


sabato 27 luglio 2013

Instant light

In questa fase della mia vita, mi pare di essere Antoine Doinel che corre, corre disperatamente verso il mare fuggendo dal riformatorio. E' il finale de "I quattrocenti colpi", film di 54 anni fa ma ancora disperatamente bello e vero. Corro, dunque.
E spero che non vada a finire come Antoine Doinel.

Cosa sto inseguendo?
Un lavoro, dei soldi, la stabilità logistica. La cui mancanza al momento mi pare la più grande piaga della mia esistenza. Mi sono iscritto apposta alla seconda laurea, perché con la prima non riuscivo a resistere.
Ma sarà vero?
Non sto semplicemente correndo via dal fallimento di sogni ed illusioni, avendo paura di "guardare Dio in faccia" nel momento della verità?

Allora non sto correndo. Sto scappando.
Bisogna stare attenti. Perché si rischia di arrivare al mare e di restarne delusi. Perché il mare non può aiutarci.

martedì 9 luglio 2013

Lapidiarium

Ci sono persone che oramai commentano tutta la propria giornata su facebook. Con foto, video, frasi.
Ma qualcosa di privato nelle loro vite non c'è? Qualcosa di cui mantenere il riserbo, foss'anche un pensiero minore? Un minimo di censura, di autocensura cui appellarsi.
Anche solo per evitare di immettere così tanti dati in giro.
Niente, non li ferma niente.

martedì 2 luglio 2013

All'anima del commentarium

La mia vita telematica è lunga. Sono appresso ad Internet dal 1995, quando portavo ancora le bretelle. Ma come user attivo ed assiduo dobbiamo posticipare la data al 2000, quando in casa giunse la prima connessione, 56 kb ovviamente.

A quel punto la musica cambiò, come potete immaginare.
Si sono susseguite diverse vite telematiche, tutte molto intense. Da Supereva, alla Ezboard, ai blog, a Facebook.
Le ultime due convivono, non so ancora per quanto. Facebook ha determinato una vastissima estinzione di massa delle specie a lui precedenti di vita sociale nella grande ragnatela. Eppure, nonostante adesso sia pimpante più che mai, credo non sia lontana l'epoca del suo declino.

L'epoca dei blog l'ho vissuta a partire dal 2008, anno in cui mollai gli ormeggi e decisi di andare in Canada. Fu all'epoca che pensai - per la prima volta - ad un mio spazio personale dove raccontare disavventure e fortune oltreoceano ai miei cari. Già a quel tempo, e sono trascorsi la bellezza di 5 anni, esisteva un polo magnetico da cui io e molti altri user siamo passati, aggregandoci e disgregandoci.
Ossia "Lipperatura": il mitico blog della giornalista, scrittrice e conduttrice radiofonica, Loredana Lipperini. Voce storica di radio3, mica pizza e fichi.

Su Lipperatura ho conosciuto autori e commentatori con cui ancora oggi intrattengo - seppur sporadicamente - rapporti di stima e di scambio "culturale". Un blog del genere quasi quotidianamente proponeva discussioni di un certo livello, in cui era difficile passare e commentare con un banale "sono d'accordo". Ho appreso da lì la questione di "genere", sia in relazione agli esseri umani, sia in relazione alla letteratura. Ho affrontato argomenti che sicuramente nella vita di tutti i giorni non avrei incontrato con tale facilità e con tale profondità.

Adesso non ci posto quasi più, benché ci capiti sempre appena acceso il computer. Sono giunti nuovi user, e mi sembra giusto lasciare spazio anche a loro. In fondo, dopo tanti anni, finirei per ripetermi. E anche con gli altri blogger lì conosciuti la relazione si è abbastanza raffreddata.
Rispetto al 2001, quando finii nel forum dei Cavalieri dello Zodiaco senza sapere che ciò mi avrebbe cambiato la vita, con gli amici di Lipperatura è mancato lo sviluppo "reale", in carne ed ossa, dell'amicizia virtuale.
Per vari motivi, tra cui sicuramente l'incredibile varietà umana ed anagrafica presente nel commentarium. Alcune volte si è proposto un meeting dal vivo, ma non si è mai fatto niente di tutto ciò. E alla lunga questo deficit si fa sentire.
Certo, c'è facebook. Ma evidentemente non basta.

Ho comunque avuto il piacere di incontrare un paio di loro, tra cui la padrona di casa, e sono proprio le persone con le quali il rapporto si è mantenuto più vivo.

Direte, ma di tutta sta solfa che ce frega?
In effetti nulla, però mi sembrava carino raccontare qualcosa del passato di Ekerot e dei suoi compagni di viaggio prima di ripartire. E poi bisogna accogliere i nuovi, se mai ci saranno.

Unica raccomandazione.
Da queste parti sono benvoluti tutti, eccetto i fascisti, i misogini e le Phoneutrie Nigriventer. 

giovedì 20 giugno 2013

Da qualche parte bisogna pur cominciare

Ascoltando i "Trionfi di Afrodite" di Carl Orff.
 
Comincerò da un argomento che mi sta molto a cuore.
Gli amici.
Io ho trentun anni, e dacché ricordi ho sempre investito moltissimo nell'amicizia. I miei attuali "migliori amici", un concetto che meriterebbe approfondita analisi, li ho incontrati nel 1988 in seconda elementare. Fatta eccezione per il mio coinquilino, le persone con cui trascorro più tempo hanno costruito con il sottoscritto relazioni risalenti ad almeno dieci anni fa.
Questo giusto per far capire il tipo.

Dieci giorni fa andai ad un matrimonio. Un evento piuttosto raro dalle mie parti. Convolarono a nozze due amici dei tempi dell'Università. Occasione dunque per ritrovare il gruppo di allora, la cui frequentazione era dominata dal Dungeons and Dragons, il mitico gioco di ruolo.
Mi sono sentito "vecchio". Non sono mai riuscito ad entrare nello spirito della festa, a divertirmi, ad ubriacarmi, ad empatizzare con gli amici.
All'una di notte mi rigiravo nel letto e mi domandavo cosa fosse successo.

E' successo che la vita ci ha preso a pedate per anni e ci ha allontanati gli uni dagli altri. Nei kilometri, innanzitutto: dalla patria comune, Pisa, siamo finiti nelle parti più disparate.
Nell'intimità: non parliamo più di niente, eccetto qualche sporadico incontro sui social network (leggi: facebook).
Non ho sentito dei muri, degli ostacoli. Era una distanza proprio fisica, come un fosso.
E mi è parso che per recuperare qualche scintilla del passato, sarebbe stato necessario prendere una lunga rincorsa e saltare il fosso. Ma forse era stanco forse troppo lontano?
Forse ci costava troppa fatica.  

E alla fine lontano dagli occhi lontano dal cuore funziona anche per gli amici, se non poni rimedio in qualche modo. Bisogna starci attenti. Altrimenti si rischia di perdere tutto questo straordinario capitale umano che sono gli amici. Perché una cosa è certa: trovarne dopo i 30 anni non è affatto semplice.
Nelle pagine di un libro che amo follemente c'era descritta questa grande verità: non c'è niente di meglio al mondo di farsi due chiacchiere al bar con un amico.
All'epoca non avevamo molti mezzi, e sognavamo di realizzare grandi progetti assieme. Adesso abbiamo i mezzi (oddio, qualcuno no) ma manca la voglia, il tempo, la necessità. Allora ci viene da rimpiangere il tempo dei sogni.

Sarei ingiusto col mio presente se dicessi che non ho conosciuto gente straordinaria negli ultimi tempi.
Ma l'assenza di un'infanzia o di un'adolescenza comune, soprattutto in chi - come il sottoscritto - non è mai riusciuto veramente a distaccarsene, finisce per pesare sul rapporto. Bisognerebbe avere la giusta calma, il tempo per frequentarsi e quella mancanza di "status sociali" (che non sono proprio assenti a 15 anni, ma si fanno sentire meno) per dare tempo ed aria ad un'amicizia di svilupparsi.

Come si rimedia?
Difficile a dirsi. Ad un certo punto la tua vita, come quella di chiunque altro, si mette in riga e non è facile scartare di lato. Né rimpiangere gli amici di una volta serve a molto, perché nel frattempo si è cambiati, mentre l'altro non era presente, non vedeva e non comprendeva.
Allora, faticosamente, porti avanti quel che resta del giorno, sperando che l'esistenza non ti risucchi tutto l'entusiasmo e la capacità di essere ancora sorpresi dalle persone.

 

mercoledì 19 giugno 2013

Il piano

Dunque, l'idea è scrivere un post a settimana. Non di più, tanto mi conosco. Sono decisamente vanesio sul fronte blog, per cui spero vivamente che possano esserci dei commenti ogni tanto. Quando vedo "zero commenti" tendo a deprimermi.
Non mi va neanche di far girare l'address tra parenti ed amici stretti. Finisco poi sempre per trattenermi, o per usare un tono edulcorato che non mi va, almeno qui. 
Magari lo lascio in giro in luoghi neutri, dove mi conoscono soltanto come Ekerot.

A proposito, breve presentazione: sono Ekerot, vivo tra Torino e Milano, ed in teoria faccio lo sceneggiatore. In pratica? Boh, non lo so manco io. Guadagno mezza pagnotta con le ripetizioni di Greco e Latino... Avete già sentito questa storia?
Pure io.

Suvvia, non indugiamo oltre...

giovedì 13 giugno 2013

"I'm back"

Ho riaperto un blog soltanto per poter scrivere questa frase: "Sono tornato". Che voi tutti conoscerete.
Si tratta della seconda volta, perché la prima non mi è bastata.
Di cosa parlerò?
Di argomenti totalmente futili.
Perché dovrebbe avere un senso passare da questo blog, ogni tanto?
Perché ogni tanto ho qualche buona idea.

Lunga vita e prosperità